martedì 3 maggio 2011

VIVERE SECONDO NATURA, VIVERE SECONDO RAGIONE E VIVERE SECONDO VIRTÚ




Sin qui abbiamo sinteticamente visto in che modo la Felicità esista per l’Uomo.

Penso di procedere a questo punto estrapolando i cardini del pensiero di Seneca sul concetto di Felicità, per sottoporli a veridica al fine di consolidarne il valore e vagliarne la resistenza, mediante la contrapposizione alle opinioni contrastanti di altri pensatori.

A sostegno della visione di Seneca, bisogna sottolineare che sua la concezione morale è mutuata dal pensiero della Stoa. I  massimi filosofi stoici, infatti, concordano sulla coincidenza della Natura con il Lógos che governa l’universo, vivere secondo natura equivale a vivere secondo ragione. Adeguarsi a questa armonia universale è il compito dell’uomo virtuoso. Il premio che a lui è destinato è la felicità.


« [...] Essi dicono inoltre che la natura non fa alcuna differenza tra le piante e gli animali, perché essa regola anche la vita delle piante senza impulso e senza sensazione, e d’altra parte in noi si generano fenomeni nella medesima guisa che nelle piante. Ma poiché agli animali è stato ingenerato per sovrappiú l’impulso per mezzo del quale essi si dirigono ai loro propri fini, ne deriva che la loro disposizione naturale si attua nel seguire l’impulso. E poiché gli esseri razionali hanno ricevuto la ragione per una condotta piú perfetta, il loro vivere secondo ragione coincide rettamente col vivere secondo natura, in quanto la ragione si aggiunge per loro come plasmatrice ed educatrice dell’istinto».

« Perciò Zenone per primo nella sua opera Della natura dell’uomo definí fine il vivere in accordo con la natura, cioè vivere secondo virtú, perché la natura ci guida alla virtú. Cosí anche Cleante nel libro Sul piacere e Posidonio ed Ecatone nell’opera Dei fini. [...]»

« Il viver secondo virtú equivale al vivere secondo l’esperienza degli avvenimenti naturali, come dice Crisippo nel libro I dei Fini; poiché le nostre nature son parte della natura universale. Per ciò diventa fine il viver conforme a natura; che è secondo la propria natura e secondo quella del tutto, nulla operando di quanto suol vietare la legge comune, che è la retta ragione che si estende per tutte le cose, identica a Zeus, che governa l’ordine di tutte le cose. E questo medesimo è la virtú e il felice corso della vita dell’uomo felice, quando tutto si compie secondo concordanza del genio di ognuno con il volere del governatore dell’universo».

(Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VII, 86-88)


Dal pensiero di Seneca estrapoliamo dunque il concetto principale del VIVERE SECONDO NATURA, VIVERE SECONDO RAGIONE E VIVERE SECONDO VIRTÚ, che costituiscono per la filosofia stoica un unico ideale.

A questo punto, prendiamo in considerazione l’attacco frontale che l’ideale stoico subisce, molti secoli dopo, da parte di uno tra i maggiori filosofi occidentali di ogni tempo, Friedrich Wilhelm Nietzsche (Röcken, 15 ottobre 1844Weimar, 25 agosto 1900) che è il caso di leggere:


« Volete vivere secondo natura? O nobili stoici, che inganno verbale! Immaginatevi un essere come la natura, dissipatrice senza misura, indifferente senza misura, senza intenzioni e senza riguardi, senza pietà e giustizia, fertile e deserta e incerta al contempo, immaginatevi l’indifferenza stessa fatta potere: come potreste vivere secondo tale indifferenza?
Vivere non è appunto un voler-esser-altro da quel che è questa natura? Vivere non è forse preferire, valutare, essere ingiusti, essere limitati, voler essere diversi?
E posto che il vostro imperativo “vivere secondo natura” in fondo significhi “vivere secondo la vita”, come potreste non farlo? A che scopo trasformare in principio ciò che voi stessi siete e dovete essere?
In verità le cose stanno molto diversamente: mentre voi fate credere rapiti di leggere il canone della vostra legge nella natura, volete qualcosa di opposto, voi curiosi commedianti e ingannatori di voi stessi!
Il vostro orgoglio vuole prescrivere e incarnare nella natura, persino nella natura, la vostra morale, il vostro ideale, pretendete che essa sia natura “conforme alla Stoa” e vorreste far esistere ogni esistenza secondo la vostra propria immagine, come mostruosa, eterna glorificazione e generalizzazione dello stoicismo!
Con tutto il vostro amore per la libertà vi costringete così a lungo, così ostinatamente, così rigidamente come sotto ipnosi a vedere scorrettamente e cioè stoicamente la natura, tanto che non riuscite neppure più a vederla diversamente; e una qualche abissale presunzione alla fine vi dà pure la folle speranza che, siccome voi siete capaci di tiranneggiarvi (stoicismo è tirannide sopra se stessi), anche la natura si lasci tiranneggiare: non è infatti lo stoico un pezzo di natura?…
Ma questa è una vecchia storia: ciò che è accaduto allora agli stoici, accade di nuovo oggi non appena una filosofia inizia a credere in se stessa.
Essa crea sempre il mondo a sua immagine, non può fare diversamente; filosofia è questo stesso istinto tirannico, la volontà spirituale di potere, di creazione del mondo, di “causa prima”».

(Friedrich Wilhelm Nietzsche, Al di là del bene e del male, IX)


Nietzsche, dunque, respinge con veemenza l'idea di un mondo che si svolge secondo un ordine oggettivo e conoscibile, ma non modificabile, rende insensata l'azione storica. L'uomo, sommerso dalla propria coscienza storiografica, è incapace di creare nuova storia: lo stoicismo è solo un altro aspetto del razionalismo, ispirato dalla fede riposta nella scienza dal positivismo. A tali segni di decadenza dell'uomo Nietzsche contrappone il ritorno alla cultura dionisiaca.

Prima di proseguire, dunque, sarà il caso di soffermarsi sul pensiero di Nietzsche, "SULL'UTILITÀ E IL DANNO DELLA STORIA PER LA VITA" e sul il TRIONFO DI DIONISO, che domina lo spirito greco delle origini.

giovedì 21 aprile 2011

ESISTE PER L'UOMO LA FELICITÀ?

Vediamo cosa ne pensa Seneca…

Vivere felici è vivere secondo NATURA, che equivale a dire vivere secondo VERITÀ (nessuno lontano dalla verità infatti può dirsi felice), che l'uomo coglie, per la natura razionale del proprio animo che lo distingue dagli altri esseri, attraverso la RAGIONE: Felicità è quindi vivere nella dimensione del proprio essere razionale (Logos).

La perfetta attuazione della Ragione è la VIRTÙ, che consiste nell'essere ciascuna cosa perfetta in ciò che ne caratterizza le strutture immutabili, oggettive e reali del proprio stesso essere.
Per l'uomo il vero bene è solo la VIRTÙ MORALE, che riguarda ciò che l’uomo è, la sua essenza. Dunque i veri beni sono solo quelli morali, che rendono l'uomo buono e virtuoso.
Se la Virtù è la perfetta attuazione della Ragione, poiché tale attuazione non potrà avere luogo se non mediante la conoscenza-coscienza interiore del bene e del male, che è una caratteristica essenziale del giudice infallibile insito in ciascun uomo, la Virtù verrà a identificarsi con la CONOSCENZA.

La determinazione concettuale del bene e del male, ossia rispettivamente di ciò che conserva ed incrementa il nostro essere e di ciò che lo danneggia, rappresenta il punto focale del pensiero morale di Seneca. La virtù, nella quale la vera felicità risiede, ci consiglia di giudicare come bene solo ciò che deriva da lei e come male ciò che proviene invece dal suo contrario, la malvagità.
Fra i beni e i mali, ossia fra la virtù e il vizio, stanno molteplici cose che riguardano la vita fisica (vita, salute, piacere, bellezza, forza, infermità, povertà, bruttezza ecc.) e vengono considerate moralmente indifferenti in quanto non giovano né arrecano danno all'anima razionale, anche se alcune cose moralmente indifferenti saranno preferibili e altre non preferibili, il saggio, infatti, pur non curandosi del piacere, del dolore e della salute, preferisce comunque prendere il meglio dalla borsa della Fortuna.
Le angosce e le lotte degli uomini, le illusioni di felicità (e quindi l'infelicità) e tutti i mali derivanti dalla valutazione sbagliata che noi diamo delle cose, rientrano sempre e solo in questa sfera e mai nella Virtù, nella cui sfera si trova invece la vera e autentica felicità.

LA FELICITÀ NON CONSEGUE DALLA VIRTÙ, MA È LA VIRTÙ STESSA. È l’armonia interiore dell'uomo con sé stesso, con il mondo che lo circonda e con il divino. L'uomo felice è artefice della propria vita, in quanto non si lascia mai sopraffare né condizionare dalle cose esteriori, ma punta su sé stesso e sulle proprie capacità, pronto ad accettare tutti i risultati che conseguono dalle sue azioni. La vera libertà del saggio consiste nell'uniformare i propri voleri con ciò che vuole il Destino stesso. E se il Destino è il Logos divino, tale libertà consiste nel volere ciò che vuole la ragione. Tutto ciò che esiste è come deve essere e come è bene che sia, esiste nel migliore dei modi: il Fato viene a coincidere con la Provvidenza.

Pur non potendo cambiare la quasi totalità delle cose che ci circondano; però possiamo cambiare il nostro animo: se noi volessimo, potremmo sopportare con coraggio tutto ciò che ci capita, e questo significherebbe mettersi in armonia con la natura. Seneca introduce il concetto di VOLUNTAS.
La volontà non è un fatto dell'intelletto. La volontà del bene prorompe dalle profondità dell'anima e occorre un assiduo lavoro perché essa pervenga ad una chiara visione del fine e si tramuti in buona intenzione. LA VOLONTÀ, NELLA SUA FORMA PIÙ ELEVATA E PIÙ PURA, UNITAMENTE ALLA SCIENZA DEL BENE, È POSTA ALL'ORIGINE DELLO SFORZO DI PERFEZIONAMENTO MORALE E DEL CAMMINO VERSO LA VIRTÙ (=FELICITÀ). Quale premio per questa impresa la virtù ci promette privilegi immensi, simili a quelli divini: nessuna costrizione, nessun bisogno, libertà totale, assoluta, sicurezza, inviolabilità; non tenteremo nulla che non sia realizzabile, niente ci sarà impedito, né potrà accaderci alcunché che non sia conforme al nostro pensiero, niente di avverso, niente d’imprevisto né contro la nostra volontà. La virtù infatti basta per essere felici, è autosufficiente. A chi si trova fuori da ogni desiderio non può venirgli nulla dall’esterno, in quanto ha già tutto dentro di sé e, imperturbabile sia di fronte al male che di fronte al bene, riproduce in sé, per quanto possibile, Dio.
Non esiste infatti uomo, in quanto tale, senza peccato, senza colpa. Tale concezione è strettamente connessa al concetto di voluntas. Solo se si fa dipendere il peccato dalla volontà, infatti, e non più come un semplice errore di conoscenza, si può spiegare come, pur conoscendo il bene, l'uomo possa peccare, appunto perché la volontà risponde a sollecitazioni che non sono solamente quelle della conoscenza. 
Ma a differenza del Cristianesimo PER SENECA NON È DIO CHE SALVA L'UOMO, MA ANCORA L’UOMO CHE SALVA SE STESSO.

lunedì 21 marzo 2011

INTRODUZIONE


Prima di partire per il nostro lungo viaggio, voglio dichiarare di aver preso una guida per muovere i primi passi della nostra esplorazione, si tratta Lucio Anneo Seneca, come avrà già intuito chi ha riconosciuto che ad  ispirare il nome di questo blog è il VII libro, De vita beata (Sulla vita felice), dei Dialoghi del filosofo romano.

In tale opera, sin dall’incipit è chiaro il tema proposto, Seneca afferma, infatti, che tutti sono istintivamente spinti da un impulso naturale (cupiditas naturalis) a cercare la felicità, ma che i più non potranno conseguirla poiché indirizzano la loro ricerca verso beni apparenti che non possono darla:

«Vivere, Gallio frater, omnes beate uolunt, sed ad peruidendum quid sit quod beatam uitam efficiat caligant»
«Tutti, fratello Gallione, vogliono vivere felici, ma nel veder chiaro cos’è che renda la vita felice sono ottenebrati»


La mia scelta di Seneca per il ruolo di guida, tra i molti illustri che dell’argomento hanno trattato, è dovuta in primis al fatto che leggendone l’opera ne condivido lo “spirito esplorativo”. Come lui stesso afferma, infatti: certo, serve seguire la strada aperta dai maestri ma se, procedendo, se ne trova nuova, bisogna cercare di spianarla, per arrivare a quella verità che resta sempre aperta (Lettere, 33,10-11).
Dunque Seneca rompendo ogni chiusura di Scuola, mette in evidenza l’importanza di quei beni comuni che ha a disposizione chi ricerca la verità, da qualsiasi parte provengano, perché la Verità è aperta a tutti coloro che la ricercano. Anzi ci avverte che va desiderato e cercato solo ciò che è importante, tralasciando tutto ciò che agli uomini appare importante ma non lo è.

Una seconda ragione della mia scelta è la piena adesione da parte mia all’opinione di Seneca, secondo il quale la Filosofia può essere una terapia dei mali dell’anima, ma solo se il filosofare mira all’essenzialità e alla chiarezza, escludendo ogni forma di indagine mirante alla pura erudizione o a confrontarsi contro i problemi meramente teorici.

La verità, infatti, può e deve essere espressa con chiarezza e semplicità. 

«Beatus nemo dici potest extra veritatem proiectus»
«Nessuno lontano dalla verità può dirsi felice»
Dichiarati gli intenti e presentata la nostra guida eccellente, proprio da un approfondimento del pensiero di Seneca riguardo alla Felicità, riprenderò il percorso appena iniziato.